Letture e rifrazioni
Sto leggendo un libriccino su Coop Himmelb(l)au. Sottotitolo "Spazi atonali e ibridazione linguistica".
Interessante proprio questo secondo punto, il discorso del linguaggio. Personalmente devo lavorare molto sul linguaggio con cui mi esprimo, intendo creativamente.
Nel caso specifico di de-conStructure, vorrei creare un oggetto che in realtà contenga un sistema simbolico ed estetico auto-referenziato.
E' possibile che a un osservatore disattento, o anche attento questo oggetto, fonte di produzioni successive, sembri una casa, o un palazzo. Non ci sarebbe niente di male, in effetti. Dato che il sistema di simboli non è e non sarà esplicito, chiunque si avvicini a questo mio lavoro non può far altro che usarne uno proprio, atteggiamento che di fatto è fondante in tutta l'arte moderna.
Saltando di categoria, Augè dice che un simbolo (cerco di semplificare) ha bisogno di una condizione necessaria, ma anche di una sufficiente: in pratica, il simbolo diventa tale se rappresenta qualcosa, ma anche se e quando questo qualcosa riporta al simbolo; ad esempio una bandiera rappresenta uno stato, cioè l'insieme dei suoi cittadini, ma i cittadini dovrebbero sentirsi rappresentati da essa, perchè essa abbia un valore simbolico. In determinati casi, il simbolo può essere valido anche se sussiste solo metà di questa dicotomia.
L'esempio pratico è la possibile colonna sonora costruita da Zonda a partire da una sua visita mentale che convoglia ricordi, idee, estemporaneità creative. Quella non è altro che una interpretazione tra le mille possibili, un filo conduttore che utilizza come sistema di riferimento quello del "luogo", reale, virtuale o mentale che sia.
Un po' come un tangram: ci sono tantissime figure che si possono ricomporre a partire dalle sue tessere, alcuni più facili, alcuni molto più difficili...
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