Documentazione del progetto artistico de-conStructure.
Il progetto consiste nel costruire una installazione-simulacro, da cui partire per contaminare arte, filosofia, architettura, grafica, musica, informatica in un lavoro "de-costruito" per definizione, seppure "strutturato" dal progetto.
La documentazione stessa è parte integrante dell'opera.

domenica, febbraio 26, 2006

Tiriamo una riga.

Nl senso di traguardo. Ma no, niente metafore sportive.
Visto il post precedente, si è capito che con la costruzione siamo arrivati. Non posso dire che sia finita, ma sicuramente che ho deciso che è finita. Perchè nessun lavoro è mai veramente completato, siamo noi che lo decidiamo. O per lo meno per me è così, mi aiuta a vincere l'indecisione.
Sono soddisfatto, all'incirca. C'è il colore. C'è la struttura e la destrutturazione. C'è la trasparenza, l'asimmetria, la crescita, la stabilizzazione. C'è la tensione, la fluttuazione, il controllo del caos.
Qualche scatto l'ho già fatto, a dire il vero ne ho fatti fin da quando c'erano solo due tavole di plexiglass ancora con la pellicola protettiva.
Ma ho deciso di andare in studio a fare qualche foto in luce artificiale (flash o continua). Per amplificare il senso di irrealtà, magari con luci colorate o gelatine.
Tema principale: equilibrio delle forme nello spazio (come diceva Burri).

sabato, febbraio 25, 2006

Improvvisamente... c'è molto più da vedere





venerdì, febbraio 24, 2006

Arti grafiche

Oggi ho cominciato la realizzazione fisica del "libretto d'artista".
Per fisica intendo la stampa e tutto l'assemblaggio... ho pensato di inserire due foto scelte da una gamma di 4, una pagina centrale con delle altre foto in bianco e nero ma su carta colorata (4 colori, giallo verde rosso e blu), una copertina di cartoncino grigio, una sovracopertina sghemba di carta lucida, ed inserire una scheggia della plastica usata nella costruzione fissandola con del nastro da pacchi, anche questo scelto fra i soliti 4 colori.
Ho deciso di farne 50 copie numerate ed ovviamente assemblate a mano, che con le combinazioni di cui sopra verranno tutte diverse...
Fortunatamente ho trovato chi mi stampa il libretto (frutto di qualche tarda serata di impaginazione in Freehand) con una stampante che crea l'imposizione, stampa 2 pagine A5 su un A4, punta e piega. Perfetto.
Poi c'è da togliere i punti della stampante, aggiungere la pagina centrale, la copertina e la sovracopertina, poi ripuntare il tutto.
Ci vorrà un mese...

domenica, febbraio 12, 2006

Letture e rifrazioni

Sto leggendo un libriccino su Coop Himmelb(l)au. Sottotitolo "Spazi atonali e ibridazione linguistica".
Interessante proprio questo secondo punto, il discorso del linguaggio. Personalmente devo lavorare molto sul linguaggio con cui mi esprimo, intendo creativamente.

Nel caso specifico di de-conStructure, vorrei creare un oggetto che in realtà contenga un sistema simbolico ed estetico auto-referenziato.
E' possibile che a un osservatore disattento, o anche attento questo oggetto, fonte di produzioni successive, sembri una casa, o un palazzo. Non ci sarebbe niente di male, in effetti. Dato che il sistema di simboli non è e non sarà esplicito, chiunque si avvicini a questo mio lavoro non può far altro che usarne uno proprio, atteggiamento che di fatto è fondante in tutta l'arte moderna.

Saltando di categoria, Augè dice che un simbolo (cerco di semplificare) ha bisogno di una condizione necessaria, ma anche di una sufficiente: in pratica, il simbolo diventa tale se rappresenta qualcosa, ma anche se e quando questo qualcosa riporta al simbolo; ad esempio una bandiera rappresenta uno stato, cioè l'insieme dei suoi cittadini, ma i cittadini dovrebbero sentirsi rappresentati da essa, perchè essa abbia un valore simbolico. In determinati casi, il simbolo può essere valido anche se sussiste solo metà di questa dicotomia.

L'esempio pratico è la possibile colonna sonora costruita da Zonda a partire da una sua visita mentale che convoglia ricordi, idee, estemporaneità creative. Quella non è altro che una interpretazione tra le mille possibili, un filo conduttore che utilizza come sistema di riferimento quello del "luogo", reale, virtuale o mentale che sia.

Un po' come un tangram: ci sono tantissime figure che si possono ricomporre a partire dalle sue tessere, alcuni più facili, alcuni molto più difficili...

Qualcosa che sale

Diciamo che qualcosa si è mosso... verso l'alto.


lunedì, febbraio 06, 2006

Risorgimento

Ho realizzato l'ultima traccia per l'installazione. Si chiama "A Round". Chiude il giro. La mia intenzione quella di far percepire l'abbattimento della struttura e la rievocazione degli spazi aperti, disumanizzanti e i cicli storici. Abbattimento non solo della "casa" come struttura fisica, ma anche come struttura mentale e sociologica. Sale su terra bruciata, insomma.

sabato, febbraio 04, 2006

Nonluoghi

Un po' di antropologia.

Premessa: l'oggetto che ci accingiamo a produrre vorrebbe essere una sorta di simulacro di un qualcosa che non è un luogo reale, non ne ha le caratteristiche, o comunque non verrebbe mai realizzato in questo modo. Se anche paradossalmente lo fosse, diverrebbe un non-luogo, senza riferimenti personalizzanti, umanizzanti.

Allora mi viene in mente Marc Augè:

Lo spazio metropolitano, lo spazio del moderno ha la sua forma estrema in quella del non luogo: mondo promesso al provvisorio e all'effimero, spazio intermittente e senza storia, puro incrocio di mobilità e di traiettorie, nel quale individui senza volto si sfiorano senza parlarsi. I non luoghi danno la "misura" di un'epoca, quella che stiamo attraversando: aeroporti, stazioni ferroviarie, centri commerciali, grandi catene alberghiere, strutture per il tempo libero, reti cablate. Chi entra in questi spazi rinuncia alle proprie determinazioni abituali: diventa solo quello che fa come passeggero, cliente, guidatore. Partecipa all'identità anonima di una comunità provvisoria: "la coesistenza di individualità distinte, simili e indifferenti le une alle altre".

In un certo senso, i non-luoghi e le immagini sono saturi di umanità: prodotti da uomini, frequentati da uomini, ma da uomini esclusi dalle loro relazioni reciproche, dalla loro esistenza simbolica. Sono spazi che non si coniugano né al passato, né al futuro, bensì al presente, senza nostalgia né speranza - sono spazi di "time out", come si dice nel basket. Richiedono uno sguardo e una parola; uno sguardo per ricostituire una relazione minima che renda loro una dimensione simbolica, sociale; una parola che li integri in un racconto.

Il mondo della globalizzazione economica e tecnologica è il mondo del passaggio e della circolazione, ed ha come sfondo il consumo. Gli aeroporti, le catene alberghiere, le autostrade, i supermercati (aggiungerei volentieri alla lista anche le basi di lancio missilistiche) sono dei non-luoghi, nella misura in cui la loro vocazione principale non è territoriale, non è di creare identità individuali, relazioni simboliche e patrimoni comuni, ma piuttosto di facilitare la circolazione (e quindi il consumo) in un mondo di dimensioni planetarie.

Questi spazi hanno tutti un'aria di "déjà vu". E tra i modi migliori per resistere allo spaesamento in una terra lontana c'è sicuramente quello di rifugiarsi nel primo supermercato che si incontra. Questi spazi hanno un'aria di déjà vu perché ovviamente si assomigliano (anche se l'iniziativa degli architetti ha trasformato alcuni di questi luoghi in singolarità notevoli), ma anche perché sono effettivamente già stati visti, alla televisione o su qualche dépliant pubblicitario: partecipano a quel mondo colorato, stuzzicante, confortevole e ridondante la cui immagine è fornita dalle agenzie turistiche.

Di più qui...

Bollicine

Rush finale per completare il percorso musicale.
Non ho postato molto non per blocchi letterari, ma per lasciare permeare un poco di mistero nel progetto. La nebbia che si e' dipanata sui ricordi legati alla (?) casa, che indico in modo vezzoso "PabloDome" (fusione della destrutturazione cubista e "domus"), sta ora per chiudersi di nuovo, per fare riannegare nelle ombre del subconscio gli aromi dischiusi dalla cantina della memoria.
Chiusi i lucchetti vi garantisco il mio impegno per farvi da guida attraverso questi squinternati percorsi sonori.

N.B.

Ringrazio AA per la sua "letio brevis" sugli elementi formali, materiali e funzionali delle costruzioni architettoniche.
Ma c'è peraltro da dire che il "coso" non è un modello di una costruzione reale, ma solo un simulacro. Quindi le regole di cui sopra servono puramente ad avviare il ragionamento, diciamo come punto di partenza.
Segue dibattito...

Detto questo...

Oggi abbiamo cominciato la costruzione.
Di un modellino del modellino! Ma meglio così anche perchè le proporzioni, le altezze e le forme sono molto difficili da inventare da zero. Quindi cartone, cutter, bastoncini e colla a caldo.
Dimensioni indicative: 80x80x70 (bxpxh), come cubatura.
CUBAtura non è proprio il termine migliore. Perchè se nella mia testa continuava a girare una sorta di palazzo di vetro cubico, scarabocchiando sul retro dei poster di AA e tagliuzzando col cutter abbiamo un po' alla volta "scolpito" dei blocchi (puramente mentali) dal cubo, e ne è venuto fuori un'idea molto più "light".
Il contributo di AA ci voleva proprio, se non altro come mio contraltare. Ad ogni mia provocazione di "pesantezza" lui mi ha riportato sulla via della leggerezza. Io pilastri e pareti, lui tetti a nuvola e tiranti a filo di acciaio! Abbiamo o no detto che questo oggetto è una struttura de-costruita, una costruzione de-strutturata?
Il risultato del pre-bozzetto è interessante. Un pavimento e due "solai" in dimensione decrescente, quasi in modo rotatorio, di cui l'ultimo è funzionale ad un tetto senza una forma precisa e possibilmente trasparente, che da un nuovo passaggio Brico sarà probabilmente una specie di rete metallica sottile.
Altra cosa da fare (AA ci sei?) è documentare un po' di elementi (link, ecc.) di principi architetturali da seguire o violare.

Back to life

Dobbiamo scrivere più spesso sul blog. E' una parte importante del progetto.
Penso sia molto importante che documentiamo gli step del lavoro, ma personalmente sono uno delle principali vittime del "blocco dello scrittore". Riuscire a mettere in parole i pensieri per me è veramente difficile. Non tanto per una questione di saper scrivere o meno, quanto per una "accidia operativa". Dovrei allenarmi di più, auto-instillarmi una sorta di "volli, fortissimamente volli".
Ma torniamo a noi.
Per quello che riguarda la parte musicale, Zonda è quello più avanti di tutti!
Sta facendo un gran lavoro, qualcosa di veramente notevole, e con mezzi (credo) limitati, se non altro dal punto di vista elettronico-tecnico. Una volta terminato il tutto (e ci siamo vicini, parlo sempre della musica) credo che
C'è anche tutto un retroscena di interpretazione dei vari pezzi, che rappresentano una sorta di "viaggio mentale" all'interno di una possibile proiezione reale della nostra de-struttura che, ad oggi, è edificata solo nelle nostre idee... presto lo posteremo, è un po' da limare.
La versione preliminare l'ho ascoltata, ascoltata e riascoltata... ogni volta è un'esperienza nuova.
Mentre scrivo, però, sto ascoltando "Tabula Rasa" di Arvo Part. Vivamente consigliato ai più.